Il “Fileteado Porteño” è arte e simbolo popolare tipico della città di Buenos Aires, anche se poi si è esteso poi in tutto il territorio nazionale argentino.
Questa tecnica vide la sua nascita nei primi del 1900. I primi disegni vennero usati sui carri a trazione animale costruiti in una fabbrica di Buenos Aires e si presume che i primi maestri disegnatori fossero immigranti italiani che vi lavoravano, e che inserirono in parte alcuni elementi artistici e decorativi propri del loro paese natale.
I primi “fileteadores” (coloro che eseguivano i disegni) che si conoscano sono Salvador Venturo, Vincente Brunetti e Cecilio Pascarella, tutti e tre di origine italiana.
Si racconta che Cecilio e Vincente collaborassero in un officina di carri sulla avenida Paseo Colon, eseguendo piccoli lavori adatti a due minorenni. In quegli anni i colori dei carri municipali erano di color grigio e il proprietario chiese loro di dipingere i “chanfles” di quel colore. Con questa parola, usata per lo più in sudamerica (e solo in alcuni paesi!) si indica il punto di incontro di due superfici, potremmo tradurlo con “bordo”, ma come potete vedere dalle foto, in realtà con chanfle si indica molto di più che un bordo!
Non si sa se per dispetto o per una birichinata, loro li dipinsero di rosso e piacque sia al proprietario dell’officina che ad altri clienti che vollero i loro carri dipinti in quel modo. Altre officine imitarono quella idea.
Inizialmente si coloravano i riquadri dei carri usando linee (filetes) di diverso spessore. Poi vennero aggiunti i cartelli con il nome del proprietario, l’indirizzo e cosa trasportasse o vendesse.
Questo incarico all’inizio fu eseguito da artigiani francesi esperti in questi tipi di scrittura per i cartelli dei commerci. E non è da escludere che sia dovuto a loro la nascita della parola “chanfle” che sembrerebbe derivare da chanfraindre, che come l’italiano cianfrinare significa “battere il bordo di una lamiera chiodata, in modo da realizzare un collegamento a tenuta.”
Gli artigiani francesi però tardavano troppo, e il padrone dell’officina di Paseo Colon diede l’incarico a Brunetti e Pascarella di fare i “firuletes”, linee curve che ornavano i cartelli e che sarebbero diventati la caratteristica del Fileteado.
Fiorirono poi in seguito grandi specialisti di quest’arte, addirittura artisti come Miguel Venturo, figlio di Salvador Venturo, che studio arte e migliorò la tecnica di suo padre , introducendo nei disegni fiori, uccelli, diamanti e draghi.
Quest’arte poi si usò moltissimo per decorare le carrozzerie di autobus, camion e automobili. Fate scorrere la galleria di immagini e vedrete anche un’altra caratteristica tipica: le frasi divertenti o ironiche che, con quest’arte, decoravano questi mezzi. Specialmente la parte posteriore!
Il boom di quest’arte si vide alla fine degli anni sessanta e per tutta la decade degli anni settanta sia per la gran quantità di bravissimi artisti che il proliferare di camion e autobus (colectivos). In quegli stessi anni fu inaugurata la prima mostra del Fileteado e il pubblico cominciò ad apprezzare come arte e non come semplice artigianato ciò che vedeva ogni giorno per strada ma non le prestava attenzione.
Nel 1999 il famoso fileteador Alfredo Genovese venne chiamato per creare una pubblicità ad un canale di televisione famoso in Argentina, usando la tecnica del body painting dipingendo con il fileteado il corpo delle modelle. Nello stesso periodo il famoso tatuatore Claudio Momenti stava cercando ispirazione ad un suo nuovo stile da tatuare e così conobbe Alfredo Genovese con il quale partecipò ad alcune convenzioni di tatuaggi e Arte Corporale, nel 2008 parteciparono alla Convenzioni di Tatuaggi della Città di San Paolo e fu un lancio per quest’ arte nel mondo dei tatuaggi corporali.
Eccone una galleria per voi:
Oggi giorno esiste una esposizione permanente del “Fileteado Porteño”, Patrimonio del Museo de la Ciudad de Buenos Aires, all’indirizzo Defensa 217.
Quest’anno la Città di Buenos Aires ha presentato la candidatura davanti all’Unesco per aggiungere il fileteado Porteño alla lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.