Non ho la pretesa di scrivere (in poche righe poi!) una storia degli emigranti italiani in Argentina.

Ma qualche giorno fa sono stato invitato ad una serata di storytelling: l’idea è ritrovarsi in compagnia con altre persone, raccontare storie, ascoltare storie.

Sebbene il tema portante, il mistero, fosse già stabilito, in qualche modo si è intrecciato con un altro, quello della emigrazione. Un fenomeno certamente ampiamente documentato e sviscerato da tanti libri, enti, giornalisti, una storia senza misteri se guardata dal punto di vista storico e dei grandi numeri. Ma allo stesso tempo ancora pieno di misteri, perché i grandi numeri, i flussi migratori non sono costituiti da particelle anonime, ma da persone. E ognuna di loro è portatrice di una storia.

Storie individuali spesso tramandate in famiglia e senza misteri particolari, altre volte invece di quelle persone, di quelle storie, se ne è persa traccia. Rimangono misteri, lacune, domande che i loro discendenti non sapranno rispondere. Spesso sono misteri e domande che sono gemelle di quelle rimaste ai discendenti dei familiari rimasti in Patria.

Vivilargentina nasce con lo scopo di far conoscere l’Argentina agli italiani, illustrando la sua gastronomia, descrivendo i luoghi, parlando di persone.
E di Argentini la cui fama ha varcato i confini ce ne sono tanti, e non solo calciatori: li troviamo in molti campi dell’attività umana, dalla musica all’arte, ai fumetti, alla medicina, all’automobilismo,  giusto per citarne alcuni. Nomi come Carlos Gardel, o Astor Piazzolla, Juan Manuel Fangio, Helenio Herrera, Jorge Maria Bergoglio, José Luis Borges, Quino, Mordillo, Ugo Bernasconi, Il premio Nobel Luis Leloir sono solo alcuni dei nomi che mi vengono in mente ora.
La relazione tra Argentina e Italia è sempre stata molto stretta e continua, storica, potrei dire: basti pensare che il creatore delle bandiera argentina, il generale Manuel Belgrano, era figlio di un italiano, Domenico Peri Belgrano, di Oneglia.

Potevo scegliere uno qualsiasi di questi personaggi e raccontarvi la loro storia.

Ma quella sera, ascoltando la storia della nonna Noemi (anzi, Noemia, ma detestava quella variante causata da un errore di trascrizione) che, promessa sposa abbandonata, agli inizi del ‘900 si imbarca da sola verso il sudamerica, per rintracciare il fidanzato spergiuro e, dopo averlo trovato, lo obbliga a sposarla, oppure la storia di … insomma, quella sera ho capito che dovevo iniziare non da una persona in particolare, ma da tutti quelli che, nei secoli, hanno abbandonato, per mille ragioni, la loro patria, per adottarne una nuova.

Una nuova patria che hanno contribuito (eccome!) a costruire.

Persone con mille storie diverse, di epoche diverse, tutte con il sogno di avere una vita diversa, ma che hanno dovuto lasciare alle spalle non solo miseria, o violenza, ma anche amori, affetti, legami.

Quella sera il denominatore comune di molte storie di emigranti era proprio questo: i legami che si erano interrotti, creando solo mistero e ansia di sapere: che ne sarà stato di questo o di quello?

Spesso sono i famigliari, discendenti degli emigranti o delle persone rimaste in Italia, ad avere la curiosità di saperne di più, di ritrovarsi.

Chi volesse saperne di più e in maniera molto più precisa sulla storia dell’emigrazione italiana, può consultare dei bellissimi libri, come L’orda, di Gianantonio Stella oppure la completa Storia dell’emigrazione italiana, di Bevilacqua, Franzina e De Clementi, oppure ancora nello specifico degli emigranti in Argentina, l’ottimo Storia degli italiani in Argentina, di Fernando Devoto.

Questo sarà il primo articolo di una serie, perché l’argomento è ricco di spunti e perché voglio non solo offrirvi delle notizie e documentazioni multimediali il più possibile abbondanti e precise, ma perché vorrei offrirvi anche gli strumenti per poter ricostruire le storie della vostra famiglia.

Io, per esempio, non ho mai saputo (o, come direbbe mia sorella, in realtà non ricordo) quali fossero le navi in cui nel secondo dopoguerra arrivarono in Argentina mia madre, Silvana Pasqualini, e mio padre, Giuseppe Carlo Marchiondelli. In due navi diverse, perché non si conoscevano ancora.
Ebbene in rete è possibile trovare questa informazione e ora so che mia mamma e tutta la sua famiglia arrivarono con la nave Campana, che fece il suo primo viaggio nel 1890 e l’ultimo nel 1951. E la famiglia Marchiondelli invece partì da Genova (come mia madre) con la nave San Giorgio, che fece il suo primo viaggio verso l’Argentina nel 1913, e l’ultimo nel 1950.

Una curiosità? L’anno scorso aiutando la mia amica scrittrice e giornalista Jeanne Perego a fare delle ricerche per il suo libro per bambini su Papa Francesco (Il nostro amico Jorge), abbiamo scoperto quale fosse la nave con cui la famiglia Bergoglio era arrivata in Argentina: la Giulio Cesare!

 

Il viaggio

larotondaUn numero importante di emigranti italiani arriva al porto di Buenos Aires, già nel 1856, ben 2738 italiani che dovevano, per sbarcare, camminare nell’acqua o farsi trasportare dalle carrette.

Appena sbarcati, spaesati, senza comprendere la lingua o la cultura del posto, dovevano passare ben tre giorni (alcune fonti citano numeri di giorni variabili, da 3 agli 8) in una struttura ancora esistente, l’Hotel de los immigrantes, a meno che avessero già parenti o amici che li accogliessero.

Già nel 1884 le navi che arrivano al porto fanno sbarcare ben 81.541 emigranti di cui ben il 75% erano italiani.

Le loro navi? Erano la  “Escribía”, “Umberto”, “Anea”, “Singapori”, “Perseo”, “Carmela”, ” Nápoli”,  “Orione”, “Adria “, “Europa”, “Sud-América”, “Regina Margherita”, “Elbe”, “Orenoque” e “Paraná”.

Nei primi anni del ‘900 il flusso migratorio dall’Italia (e dalla Spagna) si intensifica, favoriti i primi dalle compagnie di navigazione italiane che trasportavano quelli che furono chiamati immigranti “rondine”: Erano contadini portati per i raccolti di grano in Argentina, viaggiavano in terza classe, nei mesi di novembre e dicembre, e poi tornavano in Italia ad aprile-maggio, in tempo per il raccolto nei loro paesi.

Le tariffe

Locandina delle tariffe del 1923 in lire

Pagavano un biglietto di terza classe, andata e ritorno, tra i 500 e 600 pesos di allora, a seconda della categoria della nave e i viaggi duravano tra i trenta e quaranta giorni!

Questi viaggi incoraggiarono alcuni armatori, come il Lloyd Italiano, che iniziò con una flotta di ben sei navi a vapore a doppia elica, ognuna capace di trasportare 1.200 passeggeri ad una velocità di 15 nodi. Le navi erano dotate di moderne attrezzature con refettori per i migranti. Un’altra società italiana (ma finanziata da capitali tedeschi) era la “Società di navigazione” che aveva 4 navi: “Ravenna “; “Toscana”; “Bologna”e “Siena”.

Altre linee di navigazione ancora erano la Maumus e Dodem, con le navi: “San Giorgio”, “San Giovanni”; “San Guglielmo”, che riuscivano a fare il viaggio da Napoli a Buenos Aires in 16 giorni e il Lloyd Pacífico, de G. Zino, che aveva acquisito le navi del Nordeutscher Lloyd di Bremen in Germania.

Edmondo de Amicis, autore di “Cuore”, arrivò a Buenos Aires il 1 aprile del 1884 nella nave “Nort America”. Una nave lussuosa tipica di fine secolo, con saloni e specchi dorati, in forte contrasto con il trattamento degli emigranti che, oltre a soffrire per l’incertezza del futuro e la melanconia dell’allontanamento, dovevano subire la separazione dalle loro famiglia durante le notti, non avevano un refettorio e avevano a disposizione un solo rubinetto per avere acqua potabile.

Ecco un elenco di molte delle navi utilizzate:

Perseo 1883 Principe Umberto 1909
Lombardia 1901 Duca d’Aosta 1909
Città di Genova 1903 Principessa Mafalda 1909
Mendoza 1904 Cavour 1911
Caserta-Venezuela 1904 Duca di Genova 1912
Florida 1905 Dante Alighieri 1914
Bologna 1905 Garibaldi 1914
Luisiana 1906 Giuseppe Verdi 1914
Indiana 1906 Colombo 1915
Lazio-Palermo 1906 Duilio 1916
Principe di Udine 1906 Conte Rosso 1921
Virginia 1906 Conte Verde 1922
Regina d’Italia 1907 Giulio Cesare 1922
Duca degli Abruzzi 1907 Conte Biancamano 1925
Re d’Italia 1907 Virgilio 1926
Principessa Jolanda 1907 Roma 1926
San Giovanni 1907 Orazio 1927
Europa 1907 Saturnia 1927
Guglielmo Peirce 1907 Conte Grande 1927
Regina Elena 1908 Vulcania 1928
America 1908 Augustus 1928
Taormina 1908 Victoria 1931
Re Vittorio 1908 Conte di Savoia 1931
Ancona 1908 Rex 1932
Tommaso di Savoia 1909 Piemonte 1935

ed ecco anche una piccola galleria fotografica delle navi e le condizioni di viaggio. Se lo desiderate, potete guardare le foto della piccola presentazione, ascoltando uno dei canti tipici degli emigranti. Il brano che ho scelto, Mamma mia dammi cento lire, era un canto popolare tra gli emigranti del nord-italia.
EMIGRANTI I CANTI DEI PIONIERI ITALIANI PARTE UNO è una raccolta di questi canti disponibile su CD.

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Spesso si pensa che le rotte dell’emigrazioni fossero dirette: ci si imbarcava a Genova, a Palermo o Napoli e si sbarcava a New York, San Paolo o Buenos Aires.

Non è così, le compagnia di navigazione tracciavano le rotte più convenienti per loro, con diverse tappe e spesso la prima tappa era New York, anche se non era la destinazione finale di tutti gli  emigranti a bordo. Da New York proseguivano verso sud,  verso il Brasile, Montevideo o Buenos Aires, ultima tappa.

Ecco perché chi volesse ricostruire la storia dei famigliari emigranti deve sempre consultare i registri degli emigranti arrivati negli Stati Uniti, anche se questa non era la destinazione finale e sono certamente un punto di partenze importante per capire il paese d’origine di molti emigranti.

I registri delle persone a bordo erano confezionati già nel porto di imbarco e contenevano l’elenco generale e completo delle persone a bordo. Questi elenchi erano usati dagli ispettori dell’immigrazione USA come lista di controllo nel riceverli e nel eseguire le pratiche di sbarco.

Le liste secondo i regolamenti emanati dal 1906 in poi, contenevano i nomi e cognomi dei passeggeri, l’ultima residenza e il luogo di nascita.

 L’accoglienza

Il primo Hotel de inmigrantes

Il primo Hotel de inmigrantes

Nel 1878 fu costruita una struttura  l’hotel de los immigrantes, che li accoglieva. Questo edificio si trovava vicino all’attuale stazione di retiro, e infatti oggi al suo posto si trova il binario 8 della linea Bartolomé Mitre. Nel 1911 al posto di questo viene costruita una struttura migliore e che esiste ancora oggi, nella darsena nord del porto di Buenos Aires.

La legge stabiliva che erano considerati immigranti coloro che arrivavano in nave in seconda o terza classe, che avesse meno di 60 anni e fosse libero da difetti fisici o malattie. Queste persone In questo posto trovavano cibo e accoglienza per un minimo  tre giorni, e a coloro che erano arrivati senza un lavoro l’ufficio immigrazione cercava una collocazione.

Il secondo hotel de inmigrantes, costruito nel 1911

Il secondo hotel de inmigrantes, costruito nel 1911

Chi aveva parenti, amici o comunque un alloggio, una volta espletate le pratiche di immigrazione, era libero di andare.

All’esterno di questo edificio c’erano gli intermediari dei conventillos, che non erano piccolo conventi ma case popolari, molto simili alle case di ringhiera milanesi. Gli emigranti che vi alloggiavano pagavano un affitto di cui avevano una ricevuta solo ogni tre mesi: in questo modo il proprietario poteva sfrattarli per morosità più facilmente.Conventillo

Il flusso di emigranti era così intenso che fiorirono leggi, pubblicazioni, enti che cercavano di regolamentare, guidare, proteggere queste persone che arrivavano in un paese nuovo e sconosciuto.

Tra le guide che esistevano c’era il “Manuale dell’emigrante Italiano all’Argentina” di A. De Zettiry, la cui pubblicazione fu sponsorizzata dal regio commissariato per l’emigrazione. Nei suoi sette capitoli dava informazioni legali sui documenti richiesti e le pratiche da fare, ma anche consigli pratici sulla vita a bordo della nave, Informazioni sulle città di destinazione, l’economia del posto, con altri consigli pratici sul risparmio e l’acquisto di beni immobili e qualche lezione pratica di lingua spagnola. Non mancavano anche i consigli e le raccomandazioni sulle possibili truffe in cui potevano incorrere.

Il libro "Argentina 1948" acquistato da mia madre

Il libro “Argentina 1948” acquistato da mia madre

 

Alcune pagine del libro "Argentina 1948" di Folco Testena

Alcune pagine del libro “Argentina 1948” di Folco Testena

 

Un altro libro, rivolto agli emigranti del secondo dopo guerra fu “Argentina 1948” di Folco Testena e pubblicato dalla casa editrice Attilio Moro in Argentina. Un libro scritto da un emigranti, per emigranti, con informazioni sulla storia, la geografia e la lingua del paese in cui erano arrivati.

Nel Hotel de inmigrantes si cercava in tutti i modi di rendere confortevole e gradevole il soggiorno delle persone, i muri erano dipinti di bianco o coperti da mosaici bianchi portati dall’europa e le scale erano di marmo di carrara:  si cercava di accentuare in tutti i modi la sensazione di luminosità e ampiezza.

L’edificio ha 4 piani, per un totale di 10.645 metri quadri. Al pian terreno c’era la sala mensa dove potevano magiare 700 persone per volta (c’erano 4 turni). C’erano inoltre le cucine, la mensa degliimpiegati, una biblioteca, la lavanderia, una sezione con officine e laboratori e gli uffici amministrativi.

La sveglia era molto presto, e la giornata cominciava con una colazione a base di caffè latte, mate cocido (il mate servito come infuso in tazza) e pane sfornato dal panificio interno.

Durante la mattinata le donne svolgevano faccende domestiche, mentre gli uomini svolgevano le pratica all’ufficio collocamento.

Come abbiamo già scritto, c’erano 4 turni per il pranzo, che veniva distribuito a ciascuno degli immigrati dal personale, e poi potevano accomodarsi nella grandi tavolate.

Di solito il pranzo era una minestra abbondante, uno spezzatino di carne, il puchero (carni e verdure bollite), pasta o riso e uno stufato di carne.
Verso le tre del pomeriggio ai bambini si dava la merenda, e verso le sei cominciavano i turni per la cena.

Ai nuovi arrivati davano un numero, e così potevano entrare e uscire liberamente, per iniziare a conoscere la città. Sebbene i giorni di permanenza erano pochi (dai tre ai 5), in caso di necessità il soggiorno poteva essere prolungato.

Quando arrivavano, dopo aver passato i controlli doganali, le persone venivano condotte al Hotel da una stradina interna, mentre i loro bagagli venivano trasportati dai carrelli in un deposito.

Nei piani superiori c’erano i dormitori, 4 per piano e in totale potevano ospitare 4mila persone.

Tutti gli spazi, dai dormitori ai bagni, e le mense erano divisi per sesso.

L’edificio è stato dichiarato monumento storico nel 1990: un modo di rendere omaggio a tutti color che sono passati da lì tra il 1911 e il 1953.

Nella galleria di immagini che vi offro per concludere questa prima parte, potete vedere alcune immagini dell’edificio e momenti di vita al suo interno.

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