gaucho tipicoL’Argentina, abbondante in ricchezze paesaggistiche e culturali, è conosciuta per la musica, per il tango e per le deliziosi carni tipiche (asado), specialità indiscussa del gaucho.

Originariamente nomade, il gaucho era un mandriano abitante delle grandi pianure argentine, le pampas, e dei territori che giungevano fino ai confini orientali dell’ Argentina e allo stato del Rìo Grande del Sur, in Brasile. La cultura, le leggende, la storia hanno contribuito a definire la sua figura, che profondamente influenza le tradizioni del Paese. Grazie anche alla collaborazione fornita nel raggiungimento dell’indipendenza argentina, il gaucho è rispettato e stimato quale simbolo del sentimento nazionale.

I gauchos sono stati, sono e saranno sempre orgogliosi ed eccellenti cavalieri: per loro il cavallo costituisce uno dei beni più preziosi. Infatti in tutta l’Argentina feste e fiere annuali includono dimostrazioni di equitazione.

Si presume che la figura esista già dal ‘600.

Sebbene di comune utilizzo in tutto il Rìo de la Plata, nonchè in Brasile, non esiste assoluta certezza sull’origine della parola “gaucho”. E’ probabile che il vocabolo derivi dal quechua “huachu” (orfano, vagabondo) e sia stato adattato dai colonizzatori spagnoli con lo stesso significato. E’ anche possibile che i creoli, cioè i figli degli spagnoli cresciuti nel Nuovo Mondo, ed i meticci, cioè i figli frutto di miscuglio spagnolo e indigeno, siano stati definiti gauchos a partire da “chauchos”, termine spagnolo di derivazione araba (chaouch) che significa “guardiano di animali”. La nascita di un termine specifico non avvenne in termini razziali, ma esclusivamente etnici, in quanto potevano diventare gauchos anche i figli degli immigranti europei, gli afroamericani ed i mulatti.

Uno straniero, per esempio un europeo, può apprendere, anche se con molte difficoltà, tutte le abilità del gaucho… ma non sarà mai considerato gaucho; invece i suoi figli, sebbene siano discendenti europei, essendo nativi del luogo potranno essere considerati gauchos.” ( Henri Armaignac, viaggiatore francese, 1875)
Nel 1834 Charles Darwin, di passaggio nelle pampas, scrive: “…con i capelli lunghi fino alle spalle, la faccia nera per il vento, il cappello di feltro, chiripà e stivali ricavati dai quarti posteriori delle giumente, un grande facòn sulla schiena sostenuto da un cinturone, mangiavano carne asada come dieta principale, a volte accompagnata da un po’ di mate o qualche sigaro…”

Il gaucho vive costantemente all’esterno, il suo unico interno è l’interno di se stesso. A causa delle scarse precipitazioni annuali nelle pampas, la vegetazione è bassa e l’umidità non è sufficiente alla formazione di foreste. Quindi il gaucho e l’indio di queste zone si guidavano con il sole e le stelle per non perdersi. Dal conquistador riceve il cavallo per il trasporto e la compagnia e la chitarra per allietarsi; dall’indio il poncho come protezione dal freddo e dalla pioggia, il mate come base della dieta e le boleadoras per il lavoro. La sua lingua è un miscuglio di castellano arcaico con elementi indigeni, a cui si aggiungono termini portoghesi e africani.

gaucho a cavalloAbili a cavallo ed ottimi allevatori di bestiame, si caratterizzavano per destrezza fisica, superbia, carattere riservato e malinconico: l’uomo delle pampas, luogo scenario di vite leggendarie e reali. Solitario o appartenente a gruppi ristretti, non aveva fissa dimora, e si spostava con cavalli, boleadoras (arma formata da tre piccole sfere di pietra, legno o metallo ricoperte di cuoio e unite da stringhe lunghe, sempre di cuoio, che si fanno roteare e si lanciano verso le zampe dell’animale da catturare affinchè si arrotolino e lo facciano inciampare), poncho, lazo, facòn, yerba mate, sale, tabacco e una tenda, a volte accompagnato da una donna chiamata “china”, che in quechua significa “ragazza”, quindi donna. In ogni regione il gaucho può presentare diverse caratteristiche.

Le attività del gaucho non sono collettive, la comunità non si basa quindi sul lavoro, ma sullo svago con canti e balli, in cui un pubblico è fondamentale come testimone delle storie raccontate.

carreta gauchosIl cavallo è il suo bene più prezioso: senza, si smette di essere gaucho. I compiti principali erano guidare le transumanze ai pascoli o ai siti di mercato, marcare a fuoco il bestiame, la doma dei puledri, una delle attività più apprezzate tutt’oggi.

L’alimentazione del gaucho consisteva principalmente in carne, per lo più bovina, ma anche caprina e ovina o di qualunque altro genere. Gli unici tabù alimentari erano la carne di cavallo, di cane e di gatto domestico perchè il legame con questi animali era di amicizia incondizionata. Al nord dell’Argentina un altro alimento era molto diffuso: il locro, uno stufato a base di masi o altra componente vegetale, e carne. Le donne preparavano anche le empanadas, la humita, l’ arrope e i pucheros. Il mate si beveva in una piccola zucca svuotata con l’aiuto di una bombilla, una specie di cannuccia con alla base un filtro. Gli alcolici venivano consumati piuttosto raramente.

Il vestiario del gaucho è chiamato pilcha: abiti di dervazione andalusa, a cui si aggiunge il poncho (mantella intera e senza maniche, con solo un buco per far passare la testa), un facòn (coltello di grandi dimensioni, utile per la difesa ed il lavoro), ampi pantaloni sostenuti da una fascia tessuta in lana, che dalla guerra di Crimea furono sostituiti con i pantaloni alla zuava, venduti a basso prezzo perchè in avanzo dalle produzioni inglesi e altrettanto comodi per la forma e per l’isolamento termico del tessuto. Il cappello era ampio nelle regioni più soleggiate, più aderente e ricavato dalla pelle della pancia degli asini in altre zone. Gli stivali all’inizio erano aperti in punta e senza suole, poi si acquisirono altri stivali di cuoio come quelli usati dai militari. Le cinture erano di cuoio lavorato, intrecciato o decorato con monete o figure in argento e oro, in base alla condizione economica di chi doveva indossarle.

Un altro elemento dell’equipaggiamento base del gaucho è la sella per montare a cavallo, la cui forma varia a seconda del terriotorio su cui si deve cavalcare ed in base al clima. Nelle zone in cui ci sono molte piante spinose si agganciano alla sella due grandi pezzi di cuoio, che hanno la funzione di proteggere le gambe dalle spine. Un altro strumento simile è utilizzato nelle zone umide come protezione dai morsi di serpente.

Sebbene i gauchos utilizzassero ( e le utilizzino anche oggi) le armi da fuoco, le favorite sono sempre state le armi bianche, proprio per la loro molteplice funzione.

Il commercio di cuoio di bestiame selvatico, molto prezioso per gli europei, fu una delle principali fonti di sostentamento, finchè l’insaziabile domanda non causò la quasi totale scomparsa degli animali che lo fornivano dal litorale argentino. Inoltre i gauchos dovevano competere con gli indios, i quali a loro volta si dedicavano a questo genere di commercio. Allora alcuni divennero soldati per l’indipendenza, altri divennero braccianti o impiegati nelle aziende che producevano carne essiccata.

I gauchos assunsero un ruolo fondamentale durante la Guerra di Indipendenza argentina (prima metà dell’ 800): entrarono a far parte di un esercito popolare, non sempre volontariamente, insieme agli indios, e molti abbraciarono le idee rivoluzionarie che univano i princìpi dell’Illuminismo francese alle idee di indipendenza provenienti dagli Stati Uniti.

La figura del gaucho non ebbe subito risalto, tanto che parte dell’aristocrazia e della borghesia urbana del XIX secolo lo considerava un pericoloso selvaggio, ed il termine era quasi considerato un’offesa.

Comunque i più lo guardavano con rispetto per la sua libertà, il suo essere rude, abile a cavallo e nell’artigianato, per la solidarietà, la lealtà, la saggezza e l’ingegno che dimostrava. Esisteva una precisa scala di valori che immancabilmente doveva essere parte di un vero gaucho: coraggio, lealtà, ospitalità. Da qui deriva un modo di dire diffuso in Argentina, Cile e Uruguay, “fare una gauchata”, cioè compiere un gesto buono e ammirevole.

Da questo sentimento di ammirazione nasce la letteratura gaucha (leggi gaucia) , i cui esponenti erano scrittori abbienti e di elevato livello sociale, nonostante utilizzassero il linguaggio semplice e gergale dei gauchos, e non la lingua colta. Tale corrente letteraria è un genere a sè: si caratterizza principalmente perchè il gaucho è il protagonista, e l’azione si svolge in ambienti aperti e naturali, non urbani, si descrivono la vita rurale e le abitudini di chi la vive. I personaggi di allora erano indios, meticci, afroamericani e gringos ( termine che nella lingua creola indica l’europeo o di discendenza europea non di origine spagnola), e altri ancora.

Il punto focale del genere sono l’esaltazione del folclore come protesta e critica sociale. Nella forma e nel linguaggio utilizzati si distinguono un abbondante uso di metafore, similitudini, neologismi, arcaismi e termini aborigeni. Non si rileva particolare resenza di sinonimi, ed il monologo prevale sul dialogo. Per la composizione di queste opere gli autori ricorsero alla metrica tipicamente gaucha: i versi ottosillabi. E’ la metrica del payador, una sorta di cantastorie, che risulta perfetta per trasmettere profonde emozioni improvvisando.

martin fierroIl gaucho divenne una vera figura emblematica per autori come José Hernandez, che scrisse il “Martìn Fierro”, componimento che lo descrive come vero eroe mitico.

L’opera è tuttora un caposaldo della letteratura agentina e una vera e propria bibbia per i cultori del genere, nonchè un archetipo dei valori essenziali dell’essere argentini.

Il “Martìn Fierro” è un poema epico che dipinge il gaucho come simbolo della tradizione nazionale, contrapponendolo alle tendenze filoeuropee della città ed alla corruzione della classe politica. Martìn Fierro, il protagonista, viene reclutato dall’esercito argentino per combattere la guerra di frontiera contro el indio , ma decidendo di disertare diventa un fuggitivo ricercato. Seguendo unicamente il suo desiderio di libertà, l’eroe non accetterà mai la sottomissione ai capi dell’esercito, e ciò lo trasforma da personaggio asociale e fuorilegge a mito nazionale.

Oggi il gaucho vive ancora in modo austero, ma con molte comodità dell’età moderna, sebbene mantenga inalterati i suoi contatti con la natura, i costumi rurali, le sue abitudini.

Il 10 novembre, data di nascita di José Hernàndez, si festeggia in Argentina “il giorno della tradizione”, con uno speciale riconoscimento al gaucho. Si celebra con sfilate a cavallo nel centro di Buenos Aires e feste in cui si dimostra la destrezza ippica nel quartiere di Mataderos (così chiamato in quanto in passato era la zona di vendita, scambio, macello dei capi di bestiame). “Il giorno nazionale del gaucho”, invece, cade ogni 6 dicembre, in commemorazione alla pubblicazione della prima edizione del Martìn Fierro.