Continuiamo il nostro salto a… Salta!

Il terzo giorno, levataccia alle 6, colazione 6.30, salita sul pullman e raccolta altri turisti. Meta: Quebrada de Humahuaca, Purmamarca e Tilcara, nella provincia di Jujuy, a nord di Salta.

Saliamo sulla corriera con lo stesso autista, Carlos, della gita a Cafayate, che tra l’ altro ci ha preso in simpatia perchè dice che sua figlia è uguale a Carolina, tanto che ha voluto scattarsi una foto con lei…

Questa volta la guida era un’altra, e  a mio parere non bravo come il precedente nello spiegare il tragitto e ciò che si vedeva man mano che si saliva di altitudine, tant’è vero che ci ha invitato a fare un pisolo dato che per arrivare a vedere qualcosa d’interessante, secondo lui bisognava fare per lo meno 45 minuti di strada… a mio avviso, che non ero stata mai da quelle parti, tutto mi sembrava interessante e bisognoso di spiegazioni… comunque mi sono lasciata pure io vincere dal sonno e ho dormicchiato per una ventina di minuti.


Ci sono state alcune soste per fotografare paesaggi, uno di essi e sicuramente tra i più famosi, il “cerro de los siete colores” così chiamato per via della varietà di colori che possiede dovuto ai minerali della terra che lo formano. E proprio ai piedi di questa montagna sorge la città di Purmamarca. Il nome nella lingua aimara (popolo che abitava in quella zona)  significa deserto (Purma) e  città (marca), per cui il significato completo è “città del deserto”.
E veramente sembra una città in mezzo ad un deserto circondato di montagne colorate, cactus alti tre metri, chiamati “cardones” (sapevate che un cactus in quei luoghi cresce uno o due cm l’anno, a seconda delle pioggie? per cui fatte i conti quanti anni ha un cactus di 3 metri o più..) casette bianche, rosa e tante, tante bancarelle con un esplosione di colori di prodotti artigianali della popolazione, quasi tutta indigena.

Ci fermiamo in alcune bancarelle acquistiamo qualche oggetto d’artigianato e non posso resistere e prendo il tè di coca, e alcune foglie di coca perché a Humahuaca l’altitudine fa brutti scherzi (mal di testa, sonnolenza, mancanza d’aria) e masticare qualche foglia di coca non guasta.


Rido un pò su questa cosa con Carolina, dicendo che magari con quelle foglie mi passano un poco i miei dolori!! E chissà se portiamo via un poche cosa succederebbe in aeroporto! (In realtà, ci dicono, per fare un grammo di cocaina ci vuole una tonnellata di foglie: pensate anche al danno ecologico…)

Dopo una breve camminata tra bancarelle colorate, stradine sterrate, persone gentili ma non invadenti, un cielo così azzurro che più azzurro non si può, andiamo a visitare la candida chiesetta di Purmamarca datata 1648 e  consacrata alla Vergine di Santa Rosa de Lima. L’architettura è semplice con muri fatti di fango, tetto di legno di cactus (cardones) e all’interno dipinti del XVIII secolo. Uscendo dalla sacrestia ci troviamo in un pittoresco “patio” stile spagnolo e alcuni metri più avanti , una porta, che attraverso per la mia grande curiosità, e mi ritrovo così in un piccolo giardino pieno di rosai e fiori stupendi e un mural dedicato alla Madonna.


Ne sono rimasta innamorata. Un luogo per stare in pace e vicino a Dio e alla Pachamama  (madre terra) forse molto più appropriata da quelle parti dove tutto ha un significato profondo, quasi mistico, a cominciare dalla relazione  tra uomo e terra.

Ci vengono a prendere e partiamo alla volta di Humahuaca. E già strada facendo sento i primi sintomi del “apunamiento” (male d’altitudine, da Puna, zona d’altitudine, appunto): e cominciano a chiudersi gli occhi.

Prendo un paio di foglie di coca e le mastico piano piano, le metto in parte tra la lingua e la guancia come ho visto fare all’ autista e alla guida e ogni tanto rimastico. Un saporaccio di erba secca, fieno insomma… che ti fa puzzare l’alito come una capra! Comunque funziona…Anche Carolina la prova…

Arriviamo a Humahuaca, che è un po’ più grande di Purmamarca, ma a mio avviso meno affascinante. Sul significato del suo nome ci sono varie versioni: “cabeza que llora” (testa che piange) e “lugar sagrado” (luogo sacro) forse entrambe derivano dal fatto che in quel luogo sotterravano le teste delle persone importanti del luogo.

Come scendiamo dalla corriera ci dicono di camminare  piano siamo a 3900 metri sul livello del mare più o meno…in effetti, anche masticando la coca sento un peso sul petto che mi schiaccia l’aria dei polmoni e non me li lascia riempire d’aria nuova. Una brutta sensazione, ma che diamine,  mi faccio una bella masticata di coca e riprendo aria!
Facciamo alcuni isolati tra case colorate e stradine sterrate, ora di pranzo, caldo secco ma pesante. Arriviamo al ristorante, uno dei pochi, dove ci aspettano con un menù gia pronto. Empanadas, quinoa con verdure, cotolette di lama e insalata e per dolce il tipico formaggio con “dulce de cayote” (una specie di zucca).

 C’era anche un complesso folcloristico che ci aspettava a suon di musica con chitarre, bombo e charango (questi ultimi due sono stumenti tipici argentini, il primo è una specie di tamburo e l’altro è fatto con la schiena di un armadillo e sembra un mandolino).

Due ore per il pranzo e ci ritroviamo tutti in piazza dove una guida indigena molto gentile e umile ci spiega un pò la storia del luogo e di un monumento agli eroi dell’indipendenza, simboleggiato dal cacique Diego Viltipoco che aiutò il Generale Manuel Belgrano (uno degli eroi più onorati in Argentina) nella guerra d’indipendenza dagli spagnoli.

Questa guida indigena del posto, parlava in un modo strano per via della loro lingua. Delle cosidette signore che viaggiavano insieme a noi un po’ snob cominciano a prenderlo in giro credendo che lui no se ne accorgesse.  Io mi vergognavo per loro. Finiamo il “giro turistico” di 15 minuti per la città dove i bambini ti saltano adosso per venderti di tutto, e saliamo sulla corriera. Insieme a noi la guida indigena. Prima di lasciarci ci legge una poesia: “non deridere l’indiano quechua”….mi sono venute le lacrime agli occhi! Che smacco per quelle quattro signore snob! Io e altre persone quando ha finito di recitarla lo abbiamo applaudito e queste si sono quasi nascoste sotto il sedile.

Ripartiamo verso Huacalera dove ci aspetta il monolito che indica la linea dove attraversa il tropico del Capricorno e sinceramente mi aspettavo qualcosa di più significativo, invece è collocato dietro delle baracche dove vendono artigianato e per farle la foto abbiamo dovuto attraversare su un pezzo di legno un rivolo d’acqua fangosa… ma comunque è stato bello perchè il paesaggio anche lì era meraviglioso.

Prima di salire nuovamente sulla corriera, si avvicinano della indigene con cesti di prodotti fatti in casa: marmellate conserve e non poteva mancare… carne di lama in salmì al quale non ho saputo resistere… E mentre mi dava il resto, mi da un bigliettino con il suo nome ed indirizzo per inviarle vestiti, scarpe e quant’altro.

Soste brevi, per vedere questi posti meravigliosi fotografargli e via da un altra parte…a Pucarà de Tilcara dove ci aspetta unafortificazione  che gli aborigeni costruirono in cima alla montagna da dove potevano dominare la vallata  e le via d’accesso. Purtroppo non abbiamo potuto vistarle perche erano chiusi per non so quale festività.Ma ho fatto fermare la corriera per scattare alcune foto anche se la guida mi ha guardato storto…

E dopo questa ultima sosta, riprendiamo il cammino verso Salta, passando prima per la città di San Salvador de Jujuy dove scendevano due delle signore snob…

Come al solito dopo una lunga, estenuante ma piacevolissima giornata, facciamo la doccia, ci vestiamo e chiediamo un taxi per andare nella zona delle “peñas” che sono dei ristoranti tipici dove fanno spettacoli folcloristici con canti e balli della zona. Si tratta di una lunga via a un chilometro più o meno dal centro dove ci sono queste “peñas” una accanto all’altra. Bisogna sapere già dove andare perché  davanti ad ogni uno c’e una persona che vuole convincerti ad entrare in quella che reclamizzano.

Digimax A50 / KENOX Q2
Come ci capita di solito, entriamo in quella sbagliata, ancora vuota nonstante siano le 21.30. Siamo le prime!!!!!

Ordiniamo da bere, io una birra piccola e Carolina acqua, due empanadas di lama, un tamal (involtino di polenta ripieno avvolto nella foglia di mais), e matambre asado (parte della mucca sottopancia), insalata e come dolce il tipico formaggio con cayote e fragole. Per sbaglio o forse no, il cameriere invece di una birra piccola mi ha portato un litro e purtroppo ho dovuto berla! Molto leggera per fortuna…

E dopo tutta quella giornata, siamo andate in albergo e a dormire. Molto felici…