Leggevo le notizie del giornale argentino La Nación e mi soffermo su un articolo. Parla di solidarietà.

Di una ragazzina che deve vivere per strada perché i genitori sono rimasti senza lavoro e senza casa.

Vivono accampati per strada su una via di un quartiere elegante e centrale di Buenos Aires. Conosco bene quella zona, ed è un via vai di gente, autobus, negozi chic, uffici. Eppure persone come loro che sono li per chiedere provvisoriamente la caritá non sono viste. Invisibili li chiamano.

Ma Antonella, una ragazzina di 11 anni, seduta per terra tra rumore, traffico e via vai delle persone, si concentra nei suoi compiti e nello studio. Ora è pure inverno a Buenos Aires, e anche rigido.

Immagino questa ragazzina con le mani gelate che comunque continua a fare i suoi compiti, che vuole continuare a studiare anche in quella situazione, che pensa che tutto andrà bene.

historias-para-conocer-2220798w620

Suo padre ha perso il lavoro e casa sette mesi fa. Sono in cinque in famiglia, e dopo l’uscita dell’articolo c’è stata una gara di solidarietà per aiutarli. Suo padre cerca di racimolare i 400 pesos (circa 25 euro!) che le servono per pagare una stanza d’albergo per passare la notte. Il fratello più grande cerca lavoro, l’altra sorella di 16 anni pure lei studia con merito ed impegno sebbene la situazione sia così avversa e demoralizzante.

Forse mentre sto scrivendo questo mio pensiero sono già in una casa e suo padre e fratello hanno trovato un lavoro.

Perchè gli argentini quando ci si mettono sono molto solidali, anche i più poveri, danno quello che possono, senza lamentarsi e con la felicità nel cuore che, anche se un piccolo granello di sabbia, hanno dato qualcosa.

E allora penso…

…penso a tutti gli invisibili che abbiamo qui in Italia, e molti facciamo finta di nulla, perché fa male notarli, è come una sconfitta personale e per non affrontarla si volta la faccia.

Penso a tutti quei ragazzini viziati (inconsapevolmente?) dai genitori, che vengono “premiati” per i buoni voti con denaro, computer o viaggi ( ai miei tempi, studiare era un dovere, e non c’erano premi..).

Penso a quei giovani che si lasciano impigrire dalla televisione, dai giochini, telefonini e altro e poi inventano scuse, come che a scuola sono incompresi, che è tutta la colpa è dei professori.

Volere è potere diceva sempre mia madre, che pure lei, in altri tempi dove andare a lavorare a 11 anni. Era normale, lavorava alla presbitero e studiava come privatista di notte. Conseguì le medie con la media del 9 e la sua insegnante fu ispiratrice di amore allo studio ed il dovere. Rimasero amiche fino alla fine. Una amicizia che continuò anche con la figlia della maestra.

Storie forse d’altri tempi dove contavano molto i valori come lo studio, la parola data e l’amicizia.

Storie che quando leggo notizie come quelle di Antonella in Argentina mi commuovono e smuovono perché mi fanno tornare un po di fiducia ancora nel prossimo.