Sicuramente avrete avuto un luogo (o piú di uno) da visitare prima di…non riuscire a farlo più.
Per me uno di questi luoghi é il Nord ovest argentino, NOA come viene chiamato dopo una legge del 1999: include le province di Salta, Jujuy, Tucumán, Catamarca e Santiago del Estero.
Per questioni più che altro economiche (in questo momento le escursioni interne acquistate direttamente qui sono carissime) mia figlia e io siamo andate 5 giorni a visitare la città di Salta, i suoi dintorni, unici al mondo, e i panorami inseriti nel patrimonio dell’umanità come la Quebrada de Humahuaca, Purmamarca e Tilcara, nella provincia di Jujuy.
Siamo arrivate alle tre di pomeriggio in un albergo a 3 stelle, l’hotel Marilian, pulito, semplice, carino ma sopratutto con personale molto gentile.
Si trova a solo un isolato e mezzo dalla piazza centrale 9 de Julio, e, lasciato il bagaglio siamo partite alla scoperta della città.
Si deve ricordare che quasi tutte queste città di provincia furono fondate da militari spagnoli con lo scopo di “colonizzare”: ragion per cui la piazza é centrale, e tutt’intorno la città si sviluppa a blocchi quadrati. Come negli accampamenti militari.
Non starò a raccontarvi nei dettagli storia e geografia di questi posti meravigliosi, ma bensì le mie emozioni nel vederle insieme a mia figlia. Avremmo dovuto fare il viaggio anche con Michela e Flavio (figlia e futuro genero) e spero non sia ancora arrabbiata per questo…
Tutt’intorno alla piazza gli edifici più importanti e simbolici: la Cattedrale, la Casa della prima indipendenza (qui viene chiamato Cabildo), il cinema e teatro centrale, l’albergo super storico ormai superato da altri ma architettonicamente ancora splendido, ristoranti, bar e il museo archeologico d’alta Montagna.
In questo posto sono esposte le mummie di tre bambini trovate nelle vette andine ” Los niños de Llullaillaco”, nome che prendono perché ritrovati sulle cime del vulcano Llullaillaco, a 6739 m.s.l.m .
Queste mumie rispecchiano gli usi degli Inca nei rituali di sacrifici umani. Ricordiamo che gli inca arrivarono fino al nordest della provincia di Mendoza, Argentina, influendo sulla cultura locale e facendo che le popolazioni indigene del posto adottassero i loro usi e costumi.
Uno di questi “usi” erano i sacrifici umani: in questo caso i tre bambini erano stati prescelti ed educati fin dalla nascita per questo rituale di assoluta importanza, tutti di famiglie nobili e senza alcuna parentela tra di loro.
Vedere quelle mummie mi fece molta impressione e pensai a quello che devono aver provato quei bambini, perché da quello che si leggeva nelle spiegazioni dei reperti ritrovati vicino ai loro corpi, gli drogavano con le foglie di coca e poi li sotterravano addormentati. Lascio a voi immaginare il resto, che purtroppo era realtà per quei bimbi.
Quella sera siamo andate a mangiare in un ristorante molto famoso a Salta che si chiama Doña Salta, caratteristico nel suo interno ed eccellenti empanadas di carne tagliate con il coltello, io ordinai un delizioso “tamal” ( involtino di polenta con ripieno di carne avvolto in una foglia di mais e bollito), e Carolina un “Locro”, senza ombra di dubbio il piú buono che abbia mai mangiato! E tutto questo grazie ad un consiglio di un mio carissimo amico…
Se fate un salto, non tralasciate di andare in questo ristorante!
Il secondo giorno ci alziamo all’alba perché vengono a prenderci per andare a visitare Cafayate, cittá a sud ovest della provincia di Salta.
Per arrivarci passiamo da luoghi che il tempo, il vento col suo paziente lavoro di erosione, e le storie accadute hanno reso magici ed incantati, e non ostili e sperduti come si penserebbe.
Dal paesaggio verdeggiante appena uscendo da Salta con il correre dei chilometri e della altezza si comincia a vedere un paesaggio piú brullo ma con dei colori magnifici che variano dal rosso, verde, giallo e blu a secondo dei minerali che si trovano nelle montagne create nei milioni di anni.
Vinicio ci ha spiegato che tutta quella zona é un preziosissimo sito geologico per chi studia quella carriera, e che vengono da molti paesi esteri a studiare lí dato che si trova tutto quello che studiano nei libri.
Addirittura menzionò il nome di un geologo tedesco (purtroppo non lo ricordo) che ogni anno porta i suoi studenti nella Quebrada di Cafayate per vedere da vicino quello che poi scriveranno nella loro tesi finale. Ci viene anche spiegato dalla nostra guida, che una Quebrada (possiamo tradurla come gola) é sempre accompagnata da un fiume, e mai e poi mai il fiume avrá un nome diverso della Quebrada. Per cui il fiume che scorre lungo tutta la gola di Cafayate altro nome non puó portare che “fiume Cafayate”.
Arrivati al paesino dopo esserci fermati varie volte per strada in diversi punti paesaggistici per fare delle foto , io preferirei dire immortalare i quadri che la natura ci regala, anche se ogni giorno la natura ci regala quadri diversi dello stesso posto, grazie alla nostra guida Vinicio, simpaticissimo signore già di una certa età, andiamo a mangiare in un locale pulito, a pochi isolati dalla piazza centrale, dove Carolina assaggia uno piatto tipico della zona: spezzattino di lama con riso in bianco e verdure….che dire…a me non sembrava lama..comunque buono! Io invece ho preferito un capretto alla griglia molto buono e un insalata.
Tutto condito con musica folkloristica dal vivo e una buona chiaccherata con il nostro simpatico vicino di tavolo, uno spagnolo di Mallorca che viaggiava da solo e ci siamo fatti compagnia per tutto il viaggio.
Dopo pranzo abbiamo passeggiato per la cittá di Cafayate con un caldo secco ma persistente visto che erano le tre di pomeriggio e a quell’altezza..1683 metri sul livello del mare!
Posso dire senza che qualcuno se ne risenta, che in questa escursione c’erano due coppie d’italiani, che tra l’ altro avevamo incontrato sull’aereo da Buenos Aires, e manco per una occassione ci hanno diretto la parola, sebbene si siano accorti che eravamo italiane pure noi… il gelo totale.. mentre cosí non é stato con gli altri partecipanti del gruppo…
Tornando indietro verso Salta, ci siamo fermati in altri luoghi di estrema bellezza, e la guida ci ha spiegato che di pomeriggio quei luoghi sono più belli perché colpiti dalla luce del sole.
Uno di questi é l’anfiteatro. Chiamato cosí perché hanno riscontrato che ha il 65% dell’acustica come quella del Teatro Colón, il teatro più famoso di Buenos Aires, che ospita concerti di musica classica e lirica. Qui si sono esibiti in concerti all’aperto molte filarmoniche argentine e cantanti nazionali, ma anche di fama internazionale, come Mercedes Sosa.
É una specie di imbuto, un corridoio stretto per arrivarci che poi si allarga alla fine. Vinicio, la nostra guida, ci disse che se eravamo fortunati avremmo trovato qualche suonatore e ci saremmo resi conto di quella che puó regalare la natura. Detto fatto, trovammo un chitarrista che stava suonando una canzone di Mercedes Sosa a me molto cara, tanto da farmi piangere in quel luogo benedetto da Dio: Las manos de mi madre, Le mani di mia madre.
Posso dire che é stata una escursione dove non ho smesso per un minuto di osservare ogni piccolo dettaglio che la natura mi proponeva man mano che la corriera faceva i suoi chilometri, sia alla andata che al ritorno.
Il tempo é stato perfetto anche se ci avevano detto che forse avrebbe piovuto ma per fortuna solo qualche nuvola mattutina.
Qui concludo la prima parte del mio racconto su un salto a Salta…
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